La Storia
La fattoria Santa Lucia occupa nell’entroterra pisano una superficie di circa 170 ettari in quella zona della Toscana centrale – dove nei secoli l’ordinato lavoro dell’uomo sulla natura ha composto i più armoniosi paesaggi del mondo – laddove finisce il Valdarno di Pisa ed ha inizio quello fiorentino, sulle prime pendici dei colli che separano l’Arno dalla Valdera e che per la sua posizione, non ostacolata da altri rilievi, distando dal mare solo 20 km in linea d’aria, è inclusa tra i vini della costa Toscana.
La nostra Azienda è la parte occidentale della grossa fattoria di San Gervasio ultimamente dei conti di Montauto, ma in tempi più antichi dei marchesi Alemanni Uguccioni di Firenze, con l’ aggiunta di parte della fattoria di Montecastello, dei terreni ai confini della Fattoria di Varramista e di porzioni della fattoria di Montopoli dei Guicciardini di Firenze e forma un complesso agricolo omogeneo e ben distribuito nelle sue attività vitivinicole, di coltura dei boschi (che dopo il Mille erano stati impiantati con gli intenti di sfruttamento agricolo attraverso il taglio periodico del ceduo) con i recenti imboschimenti dei fondi valle, degli ulivi e di conduzione agrituristica.
Amministrativamente si trova nel comune di Pontedera, ma storicamente, in parti non facilmente misurabili, apparteneva ai territori di San Gervasio, di Palaia, di Montecastello e di Montopoli (‘castello insigne‘ dice Boccaccio), che nei secoli furono nell’Alto Medioevo fino ai Carolingi in larga parte dominio, non solo spirituale, dei vescovi di Lucca – che possedevano ampi territori al di là dell’Arno, oltretutto allora a monte dell’attuale letto e nella Valdera.
La pieve di S. Gervasio, cui i vescovi di Lucca avevano dato potere religioso su un vasto territorio, aveva fonte battesimale e alla sua pievania appartenevano una grande quantità di conventi e chiese e solo all’epoca del riordinamento amministrativo tentato nella metà del XII secolo dagli imperatori Ottoni divenne, insieme a Palaia e Montopoli, dipendenza della città imperiale di San Miniato.
Molti sono i conventi e le chiese prossimi e dipendenti da San Gervasio completamente distrutti: nell’ambito della fattoria si trova un poggio denominato di Santa Lucia – dal quale prende il nome – e che a differenza di quelli circostanti tutti acuminati è evidentemente stato spianato ad opera dell’uomo. Sono molti i resti che ancora oggi si possono scoprire dell’antico convento che un tempo si ergeva. Poco sotto quel poggio (alto 120 m.) si trova una vigna soprastante gradoni di ulivi al cessare dei quali c’è ben conservata una fonte con un grande lavatoio di antichi mattoni che probabilmente era al servizio del distrutto convento.
Si rammenta una leggenda tramandata fino ad oggi secondo la quale l’antichissima statua lignea (materiale usato allora in mancanza di pietre in quella zona tutta alluvionale) trasferita dal convento e dal suo fonte battesimale abbandonati, al castello di San Gervasio sparì – per ricomparire quando, in epoca più recente, nel 1260, fu concesso il fonte battesimale a Montecastello perché – dice quella storia – dalla chiesa di Montecastello vedeva l’ antistante poggio di Santa Lucia.
In realtà la leggenda può avere motivazioni storiche nel trasferimento nei secoli dei fonti battesimali dai conventi fuori dalle giurisdizioni civili prima nei castelli feudatari e poi nei comuni che su quelli presero il sopravvento.
Pontedera – che già nel 1855 il Ripetti definì ‘borgo grandioso’ attraversato dalla «grandiosa via di mezzo fiancheggiata da belle abitazioni» i cui «mercati settimanali cadono nel giorno di venerdì e sono copiosissimi e forse i più frequentati di tutti gli altri stante la posizione vantaggiosa del paese posto allo sbocco del Valdarno pisano talché i suoi mercati hanno l’ aspetto di altrettante fiere» [ si cita sempre il Ripetti ] – nell’epoca più antica era ultima periferia pisana difesa dal fosso detto Armonico con un ponte sull’Era in prossimità della confluenza con l’Arno e non essendo né di stirpe pisana né di sicura sudditanza, soggiaceva al patronato della fedele Calcinaia cui fu sottoposta anche la chiesa battesimale di San Filippo e Iacopo edificata nel 1271 per concessione e ad iniziativa di San Martino in Kinzica.
Fu spesso saccheggiata perché ribelle ai pisani, occupata dai fiorentini che colmarono il fosso, poi riaperto, e finalmente dopo il passaggio di Carlo VIII nel 1435 occupata, dopo varie vicende belliche, da Firenze che trovandola spopolata, (ma certamente seguendo la loro politica di fare ai confini insediamenti sulla cui fedeltà contare) trasferirono a Pontedera 100 famiglie da Camporgiano in Garfagnana e 100 famiglie da Albiano in Lunigiana che esentarono da qualsiasi imposta prima per 50 anni e poi per altri cinquanta.
I Vigneti
Storia. La memoria dei vigneti presenti sui terreni della nostra azienda si perde nel tempo. Opere ottocentesche affermano con precisione che già dopo l’anno Mille si trovavano su quel fertile terreno tra Montopoli e il lato di scirocco di Pontedera, insieme a ‘rigogliose piante di ulivi‘ molte viti e non solo, come allora di uso, maritate a ‘loppi su terrazze‘, ma disposte a filari continui. L’eccellenza del vino prodotto è localmente riconosciuta per antica tradizione.
Ci ha raccontato un nostro anziano contadino, la cui famiglia ha per generazioni tenuto a mezzadria il podere Roma (altopiano centrale tra i tre esistenti), che il vino prodotto veniva acquistato in pianta, prima della vendemmia e che i mediatori locali ne stabilivano il prezzo mediante una specie d’asta.
Scheda tecnica. I vigneti occupano un totale di 12 ettari, coltivati su tre altopiani (il poggio di Santa Lucia, podere Roma e il Borgo alla Cantina) prossimi tra di loro e divisi da piccoli fondi valle di recente imboschimento. I vigneti sono prevalentemente esposti a sud-est; il suolo è di medio impasto con sabbie ed argille plioceniche con intercalazioni di lenti di ghiaia marina contenenti una grande quantità di conchiglie fossili. I vitigni sono stati rinnovati prendendo le mazze dai vigneti preesistenti per cui la qualità nel tempo non si è modificata. Gli impianti sono composti da circa 6.000 piante ad ettaro, allevate a cordone speronato semi laterale con un sesto d’impianto di cui 220 x 70/80 cm. che nell’allevamento selettivo producono un Kg 1 di uva per ceppo e quindi una bottiglia bordolese per vite.
La vendemmia è manuale in cassette, tradizionalmente inizia con la raccolta del Ciliegiolo a fine Agosto, prosegue con il San Giovese e termina agli inizi di Ottobre con il San Colombano. La vinificazione avviene in tini di acciaio con fermentazione rigidamente controllata a 28° – 29° e macerazione delle bucce per circa due settimane, a seconda delle annate.
I nostri vini migliori sono fatti riposare e invecchiare in barrique e tonneau di pregiato rovere francese, per poi continuare il loro processo di maturazione in bottiglia dove vengono affinati secondo i sapienti dettami dell’enologo Francesco Bartoletti, che ne decide i tempi e i tagli.
La fattoria di Santa Lucia partecipa dal 2003, al progetto di valorizzazione dei vitigni minori toscani presso il polo scientifico dell’Università di Pisa fornendo servizi per i vitigni autoctoni, in particolare il clone Ciliegiolo per cui alcuni filari sono direttamente gestiti dalla facoltà di agraria.
Uliveti, Boschi e Sentieri
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La bellezza e varietà della nostra tenuta la si apprezza percorrendo a piedi o in mountain bike gli oltre 12 km di sentieri perfettamente curati che attraversano l’Azienda. Dal punto di partenza che si trova nei pressi di Villa Roma (rappresentato dalla cartina) partono vari sentieri che attraversano i nostri boschi e i posti più belli del luogo.
Uno di questi è senz’altro il lago di fondovalle, che degrada delicatamente sul prato. Il piccolo isolotto che lo sovrasta regala scorci indimenticabili tra i riflessi del tramonto che si confondono con le ninfee e il volo degli uccelli di passo che trovano nella sua acqua un meritato riposo.
Continuando a passeggiare e salendo sino al poggio di Santa Lucia si incontra la chiudenda, dove il terreno d’improvviso si fa sabbioso, a ricordarci, insieme ai suoi reperti fossili, la presenza del mare che un tempo bagnava queste colline. Qui si trovano da sempre i nostri ulivi, più di 800 piante che ricoprono la collina nei suoi assolati versanti rivolti verso i paesini Medioevali di Montecastello e San Gervasio.
Scendendo dal poggio di Santa Lucia proprio sotto il luogo dove sorgeva l’antico convento del quale di tanto in tanto si rinviene ancora qualche mattone Medioevale, è intatta e perfettamente conservata la fonte antica, utilizzata anche come lavatoio, dalla quale i frati attingevano all’acqua.
Sul versante nord, nel bosco della Cerreta si trovano alcune tombe etrusche ove pochi anni fa, a seguito di scavi eseguiti da una locale associazione archeologica, sono stati rinvenuti interessanti reperti di terracotta.